Lo confermano le nuove linee guida SISA: nel mondo 14-50 milioni di persone affette ma meno dell'1 per cento dei casi diagnosticato

La SISA, Società Italiana per lo Studio dell'Arteriosclerosi ha recentemente rilasciato le nuove Linee Guida per la diagnosi e la cura dell'ipercolesterolemia famigliare, rara malattia genetica caratterizzata da livelli elevati di colesterolo anche in presenza di stile di vita sano.
Uno dei dati più allarmanti contenuti nelle Linee Guida è la difficoltà nel riconoscere la malattia, che pertanto risulta fortemente sotto-diagnosticata e sotto-trattata nel mondo.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità non attribuisce all'ipercolesterolemia famigliare una codifica nel sistema di classificazione e stimare il numero di malati nel mondo è molto difficile, i dati disponibili, infatti, coprono solo 23 paesi su 200.

Si stima che nel mondo la prevalenza della malattia in omozigosi, la forma più grave che si presenta nel caso in cui vengano ereditate 2 copie del gene difettoso, sia di 1 su un milione mentre in eterozigosi, in cui un solo allele è difettoso, sia di 1 su 500.

I dati suggeriscono che al momento meno dell'1 per cento dei casi venga diagnosticato nella maggior parte dei paesi, con qualche rara eccezione, in Olanda per esempio, grazie a un programma di screening iniziato 15 anni fa, il 71 per cento dei casi totali stimati è stato diagnosticato, la Norvegia ha invece raggiunto il 43 per cento, l'Islanda il 19, la Svizzera il 13, il Regno Unito il 12 e la Spagna il 6 per cento.

Uno studio ha infine utilizzato il Copenhagen General Population Study, un campione di 69000 persone rappresentativo della popolazione generale europea, stimando una prevalenza della malattia ancora più elevata, 1 su 137.

Secondo questi dati nel mondo tra 14 e 50 milioni di persone sono affette da ipercolesterolemia famigliare, di cui tra 1,8 e 6,5 milioni solo in Europa.

Purtroppo non sono disponibili dati riguardanti il rischio di danni cardiovascolari e l'impatto della terapia ipocolesterolemizzante in ampi gruppi, tuttavia, sempre guardando i dati del Copenhagen General Population Study, il 33 per cento delle persone con ipercolesterolemia famigliare certa o probabile soffriva di malattia coronarica e solo il 48 per cento riceveva cure a base di statine.

Gli individui non curati avevano 12 volte più probabilità di sviluppare malattia coronarica, mentre quelli curati una probabilità 9 volte maggiore rispetto agli individui sani, dato che suggerisce che la terapia non sia stata sufficiente a ridurre la colesterolemia o che sia stata cominciata troppo tardi.

Si legge nelle Linee Guida: “Nel loro insieme, questi dati indicano che attualmente la maggioranza dei soggetti con ipercolesterolemia famigliare non riceve farmaci ipocolesterolemizzanti o inizia questo trattamento tardi nella vita, anche in Paesi con servizi sanitari avanzati, e sottolineano drammaticamente il grado di sottostima e sottotrattamento della ipercolesterolemia famigliare”.

Scarica qui le Linee Guida SISA.

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