Il musicista di Parma, papà del piccolo Zeno, vorrebbe mettersi in contatto con altre famiglie che convivono con la patologia e magari, in futuro, fondare un'associazione in Emilia Romagna
Parma – Il momento in cui si diventa genitori è sicuramente uno dei più importanti nella vita di un uomo e di una donna. Un punto di svolta che racchiude in sé emozioni contrastanti: gioia, curiosità, ma anche dubbi e insicurezze. Se però, a sei giorni dalla nascita, arriva la notizia che il neonato ha una malattia rara, i sentimenti negativi prevalgono e ci si lascia prendere dallo sconforto: è ciò che è accaduto a Pierluca, musicista di Parma, che però, oggi, ha superato quella fase ed è determinato a fare di tutto per il benessere di suo figlio.
“Ora Zeno ha un anno e dieci mesi. Era nato da sei giorni quando ricevetti una telefonata: il test di screening neonatale che aveva fatto poche ore dopo la nascita aveva rilevato una malattia, la fenilchetonuria (PKU). Ovviamente non ne avevamo mai sentito parlare e ci siamo spaventati molto; sentendo le parole 'malattia rara' ho pensato subito al peggio. Quella notte cercai subito su internet qualunque cosa che riguardasse la patologia, anche se la dottoressa ci aveva detto di aspettare l'incontro dell'indomani. Aveva ragione, perché insieme alle informazioni corrette ne trovai molte fuorvianti, ovvero i sintomi della malattia non curata”.
Se non trattata adeguatamente, infatti, la PKU comporta un grave e irreversibile ritardo mentale. Per fortuna, in Italia, è attivo fin dal 1992 lo screening neonatale per questa malattia metabolica, la prima ad essere inserita nel programma nazionale insieme alla fibrosi cistica e all'ipotiroidismo congenito. Nel nostro Paese, quindi, i neonati affetti vengono prontamente individuati e avviati al trattamento.
“Il giorno dopo ci recammo all'Ospedale San Paolo di Milano (all'epoca eravamo residenti in Lombardia), dove il bambino e la mamma furono ricoverati per fare degli accertamenti e verificare la gravità della malattia”, racconta Pierluca. “Scoprimmo così che aveva la forma classica, la più grave. Mi ricordo che sul tavolo c'era un volantino di un'associazione che si occupa di PKU, con la classica immagine del tallone con la goccia di sangue, e mi sono detto: il mondo delle malattie rare, per le persone comuni, non esiste, perché credono che non capiterà mai a loro. Io, invece, in quel momento pensai: ora siamo dentro questo mondo”.
Poco dopo arrivò l'intera équipe del reparto. “La responsabile ci rassicurò dicendo: 'Vostro figlio non è un caso speciale: semplicemente ci presentiamo tutti perché avrete a che fare con noi per il resto della vostra vita'. È stato un momento difficile, ma penso che non avremmo potuto trovare persone più preparate: ci hanno spiegato le cose un po' per volta, per darci il tempo di metabolizzarle”, continua Pierluca. “Subito hanno iniziato la terapia dietetica, che data l'età del neonato riguardava solo il latte, assunto in parte con l'allattamento al seno e il resto con il latte specifico per la malattia. In quella settimana mi informai il più possibile, lessi tanti articoli sulla sezione di OMaR dedicata alla fenilchetonuria e vidi anche dei video di persone PKU adulte: questo mi tranquillizzò molto, perché vidi che erano perfettamente normali; se la malattia è gestita non ci si accorge di nulla”. Con il passare dei mesi Pierluca, istruito dai dietisti, ha dovuto imparare a gestire l'alimentazione di suo figlio. La dieta, infatti, è estremamente rigida: occorre evitare le proteine, e ciò significa che, fra tutti i cibi che compriamo normalmente al supermercato, Zeno può mangiare solo frutta e verdura. Quando si pensa alle proteine vengono in mente la carne, il pesce, le uova e i formaggi, ma i malati di PKU devono rinunciare anche agli alimenti che contengono una piccola percentuale di proteine come i legumi e i farinacei. Inoltre, tutto dev'essere pesato. Esistono però dei cibi prodotti appositamente per loro, e privi di quella sostanza – un aminoacido essenziale chiamato fenilalanina – che non riescono a metabolizzare. Questi alimenti medici si acquistano in farmacia e sono molto costosi, ma alle famiglie PKU viene fornito un buono mensile calcolato sul fabbisogno del paziente.
“Il problema maggiore sono i farinacei, come il pane, la pasta, la pizza, la focaccia: Zeno può mangiare solo quelli presi in farmacia, che però sono bianchi, poco allettanti... insomma, tristi da vedere”, prosegue Pierluca. “Anche il sapore spesso è inesistente. Qualcosa di buono c'è, tipo i crackers con un po' di rosmarino, le focaccine con le olive o i biscotti con le gocce di cioccolato, ma non si trovano quasi mai. A parte ciò, qui in Emilia Romagna il servizio della farmacia è efficientissimo: i prodotti arrivano rapidamente, e tutti insieme”.
Ora Pierluca e Zeno tornano a Milano per i controlli due volte l'anno e ormai si sono adeguati alla dieta, che oltre a queste restrizioni prevede anche degli integratori di aminoacidi essenziali, da assumere diverse volte al giorno diluiti nei succhi di frutta. “Fra le prime cose che ho pensato, e che a volte penso ancora oggi, è che potrei adeguarmi un po' alla sua dieta e mangiare in modo simile al suo, in modo che almeno in casa si senta meno 'diverso'. Ma non ci sono scelte giuste o sbagliate: un giorno, in ospedale, conobbi una famiglia rumena che era lì per una visita di controllo. Avevano due figlie, una di 11 anni e l'altra di 5, entrambe con la PKU: mi tranquillizzò molto parlare con loro e vedere che non avevano deficit cognitivi. La ragazza più grande mi raccontò che il padre non si metteva i miei problemi: cucinava e mangiava la carne tranquillamente davanti a loro, ma questo non le ha mai portate a desiderare di assaggiarla; anzi, anche solo l'odore dava loro fastidio”.
Pierluca sa bene che i problemi arriveranno più tardi, quando Zeno sarà più grande e inizierà a chiedersi perché gli altri bambini possono mangiare quello che vogliono e lui no. “Ma anche ora le difficoltà ci sono: ad esempio, quando ci spostiamo da casa per qualche giorno, dobbiamo portare una valigia di cibo per lui, perché magari nel posto dove stiamo andando non siamo sicuri di trovarlo, e se finisce è un problema. Anche andare a cena fuori non è semplice: nei ristoranti Zeno può mangiare solo verdura e frutta. In una pizzeria qui vicino ho chiesto se potessi portare una base per pizza senza proteine, di quelle che compro in farmacia, e mi hanno accontentato”, conclude Pierluca. “Tuttavia, con l'arrivo dell'adolescenza temo che sarà difficile non prendere il cornetto quando si fa colazione con gli amici, o uscire e non poter mangiare la pizza dopo il cinema: il cibo, in fondo, è anche socialità”.
In Italia, per la fenilchetonuria, sono attive sette associazioni di pazienti (qui l'elenco completo), ma nessuna in Emilia Romagna. Pierluca vorrebbe trovare altre famiglie PKU della Regione e magari, in futuro, fondarne una. Per mettersi in contatto con lui è possibile scrivere una e-mail all'indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
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