Uno studio inglese su 1.285 pazienti ha svelato che nel 36% dei casi l'aderenza è moderata o scarsa. I motivi più frequenti sono l'avversione per le infusioni e la mancata comprensione del regime di trattamento

Parigi (FRANCIA) – Il pilastro del moderno trattamento dell'emofilia è la terapia profilattica, la quale prevede che ai pazienti vengono somministrate regolari infusioni di fattore per mantenerne un livello adeguato e prevenire gli episodi di sanguinamento. Le iniezioni ripetute sono gravose per i pazienti: è questo uno dei principali motivi di un'aderenza non ottimale, un fatto che probabilmente porta a esiti clinici più scarsi (come hanno dimostrato gli studi di Berntorp nel 2009 e di Schrijvers et al. nel 2013).

Il tema dell'impatto dell'aderenza sulla clinica e sulla qualità di vita però fino ad oggi non era stato più di tanto approfondito, così un team di ricercatori inglesi ha indagato l'associazione fra l'aderenza alla terapia profilattica riportata dal medico, i sanguinamenti, la qualità della vita e la conta delle articolazioni bersaglio (quelle nelle quali si verificano tre o più emartri spontanei nell’arco di sei mesi consecutivi). Lo studio (O'Hara et al., P088) è stato presentato al 10° Congresso annuale della European Association for Haemophilia and Allied Disorders (EAHAD), http://eahad.org/ che si è svolto dall'1 al 3 febbraio 2017 a Parigi.

Le rilevazioni sono avvenute nell'ambito del Cost of Haemophilia across Europe Socioeconomic Survey (CHESS), un'analisi del costo di malattia nella emofilia A e B grave in cinque Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito). I dati clinici ed economico-sanitari dei pazienti sono stati forniti dai medici per 1.285 maschi adulti, dei quali 551 hanno completato i corrispondenti questionari. La misura della qualità di vita è stata misurata con il questionario EQ-5D 3L, mentre le articolazioni bersaglio sono state definite dalla posizione della sinovite cronica.

L'aderenza al trattamento è stata riportata soggettivamente dal medico in conformità al questionario CHESS come scarsa, moderata o elevata per i pazienti trattati in regime di profilassi (708, esclusi i pazienti che avevano sviluppato degli inibitori). L'aderenza alla terapia è risultata scarsa per 43 pazienti (il 6%), moderata per 211 (il 30%) ed elevata per 454 (il 64%), e il numero medio di articolazioni bersaglio (1,1 - 1,4 - 1,5) è stato inferiore nei pazienti con aderenza elevata. Inoltre, nei pazienti che avevano almeno un'articolazione bersaglio, il numero medio di sanguinamenti annui riportati nei gruppi a scarsa, moderata ed elevata aderenza è stato rispettivamente di 21,2, di 15,1 e di 11,7.

Complessivamente, 254 pazienti all'interno del campione, cioè il 36%, hanno avuto una bassa o moderata aderenza. Perché? I medici hanno riportato fino a tre motivazioni: la più frequentemente citata (il 94%) era “non ama le iniezioni”, seguita da “ha difficoltà a comprendere il regime di trattamento” (l'80%), “non crede che il farmaco sia necessario” (il 60%) e “dimenticanza” (il 58%). La qualità di vita è risultata migliore nei pazienti con livelli di aderenza più elevati: i punteggi medi del questionario EQ-5D 3L erano infatti 0,64 nei pazienti con scarsa aderenza e 0,81 in quelli con elevata aderenza. Inoltre, in questi ultimi gli episodi di sanguinamento erano minori.

L'analisi suggerisce dunque un legame fra aderenza, incidenza delle articolazioni bersaglio (sinovite cronica), sanguinamenti e qualità di vita: una minore aderenza, come riportato dai medici, è legata a maggiori sanguinamenti ed è associata, in media, a una peggiore qualità di vita. Nonostante la percentuale di pazienti con una scarsa aderenza sia relativamente ridotta (il 6%), una percentuale sostanziale di pazienti (il 30%) è descritta come moderatamente aderente. Pertanto, se il rapporto fra aderenza e qualità di vita è legata da un rapporto di causa - effetto, è probabile che più di un terzo dei pazienti con emofilia viva con una peggiore qualità di vita rispetto a quelli completamente aderenti: una condizione che si potrebbe quindi evitare.

Le ragioni più importanti riportate dai medici per l'inadeguata aderenza sono invece l'avversione alle infusioni e la mancata comprensione del regime di trattamento: anche se queste osservazioni si basano sui pareri del medico e possono differire dalle opinioni soggettive dei pazienti, questo dato suggerisce un bisogno non soddisfatto di trattamenti più accettabili e meno complessi.

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