I pazienti europei attendono con ansia il parere dell’EMA, che domani dovrebbe decidere se rinnovare o meno l’autorizzazione alla commercializzazione della terapia
È da diversi mesi, ormai, che le famiglie europee che convivono con la distrofia muscolare di Duchenne (DMD) sono in preda alla preoccupazione, in attesa che il Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali) prenda una decisione sulle sorti del farmaco ataluren (nome commerciale Translarna), l’unica opzione terapeutica oggi disponibile e in commercio per questa patologia, che ha dimostrato, nella pratica clinica, la capacità di rallentare l’evoluzione della DMD, una malattia neuromuscolare di origine genetica che conduce inesorabilmente a una grave disabilità e ad una morte precoce. Ma ancor prima del pronunciamento del CHMP, e delle ripercussioni di un eventuale parere negativo dello stesso Comitato, alcune famiglie stanno già incontrando difficoltà con il farmaco, come testimonia la vicenda di Elena Semenzato, che non riesce a sapere se e come suo figlio potrà proseguire la terapia che ha assunto fino ad ora.
Elena è la madre di Leonardo, un bambino di Treviso con distrofia muscolare di Duchenne causata da mutazione non senso (nmDMD) che da un anno assume il farmaco ataluren, l’unico attualmente in grado di rallentare la malattia e ‘regalare’ del tempo a questi pazienti. "Ci sentiamo smarriti", racconta la donna a Osservatorio Malattie Rare. “Ogni mese, da circa un anno, ci rechiamo alla farmacia del nostro ospedale per ritirare la consueta scorta del medicinale: oggi, però, ci hanno improvvisamente comunicato che non era più disponibile. Mi sono sentita gelare il sangue”.
Un farmaco orfano come Ataluren, infatti, si può ritirare solo presso il centro ospedaliero di riferimento, sulla base di uno specifico Piano Terapeutico. Oggi, dopo un'intera mattinata trascorsa tra visite e telefonate alla farmacia ospedaliera, per la mamma di Leonardo non c’è nessuna certezza. “Nessuno sa dirmi se e quando il farmaco sarà disponibile, e ora non so cosa fare”, spiega Elena. Dalle parole di questa mamma traspare la paura di tutte le famiglie europee che attendono la decisione dell’EMA. “Sappiamo che ataluren non è una cura per la Duchenne, ma per le persone affette da questa patologia poter guadagnare del tempo, ritardare l’utilizzo della carrozzina e mantenere una condizione respiratoria stabile vuol dire futuro".
Negli ultimi anni, come emerso anche dal registro “real-world” STRIDE, che raccoglie i dati di 300 ragazzi trattati con il farmaco, ataluren ha dimostrato benefici clinici riscontrati in maniera tangibile da genitori e medici, senza che siano emersi particolari problemi di sicurezza in merito al trattamento. Nella giornata di domani, il CHMP dovrebbe esprimere il proprio parere, decidendo se rinnovare o revocare l’autorizzazione alla commercializzazione del medicinale in Europa. “Se non potessimo più contare su questa opzione terapeutica sprofonderemmo in buco nero”, prosegue Elena. “Spero che quello che io oggi sto passando non sia il destino che attende anche le altre famiglie europee che convivono con la distrofia muscolare di Duchenne. Sappiamo che la burocrazia ha i suoi tempi ma chiediamo che venga compreso anche il punto di vista di genitori che vivono con il terrore dello scorrere del tempo. Perché è proprio il tempo ciò che vorremmo guadagnare, continuando a sperare e confidando nella ricerca”.
Per approfondire l'argomento leggi anche: "Distrofia di Duchenne, 800 famiglie in attesa della decisione del CHMP su ataluren".
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