Il prof. Eduardo Nobile-Orazio: “Il trattamento con immunoglobuline è molto efficace, ma è costoso e va ripetuto frequentemente. Perciò stiamo studiando un'alternativa: gli anticorpi monoclonali”
Il dato è di quelli che possono far sparire parte della preoccupazione e lasciare spazio alla speranza: l'86% dei pazienti affetti da neuropatie disimmuni risponde bene alle terapie. La percentuale è riferita ai più di 500 pazienti inclusi nel registro nazionale di ricerca su queste patologie, coordinato da Eduardo Nobile-Orazio, Professore Associato di Neurologia presso l'Università di Milano e Responsabile del Servizio di Malattie Neuromuscolari e Neuroimmunologia dell'IRCCS Humanitas.
È stato proprio lui a dare la buona notizia ai pazienti che questa mattina, a Roma, hanno partecipato al convegno dal titolo “Neuropatie disimmuni acquisite: un esempio di buona sanità nelle malattie rare”, organizzato dall'associazione CIDP Italia Onlus e da RARELAB. Il dato è ancora più importante perché proviene da un contesto real world: il registro, nato nel 2013 grazie a un finanziamento della Regione Lombardia, riunisce 22 Centri italiani. Un database che archivia tuttora i dati clinici dei pazienti, gli esami effettuati e il follow up, estremamente utile per valutare l'efficacia dei vari test diagnostici e la risposta alle terapie più usate, e in generale per caratterizzare meglio queste patologie.
Le neuropatie disimmuni sono un gruppo di malattie neurologiche che comprendono la polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica (CIDP), la neuropatia motoria multifocale (MMN), la sindrome di Guillain-Barré (GBS) e la sindrome di Lewis-Sumner. “Sono malattie rare e invalidanti, che influiscono sulla capacità di camminare o di afferrare gli oggetti e provocano perdita di sensibilità, formicolio o dolore a mani e piedi. Possono essere progressive oppure avere dei periodi di recupero e delle ricadute, o ancora diventare croniche: capita che un paziente non riesca più a camminare per un determinato periodo di tempo, ma in genere si tratta di situazioni che si risolvono, perché – come dicevamo – le terapie, che pure non guariscono la malattia, ne migliorano sensibilmente i sintomi”, spiega il prof. Nobile-Orazio.
“Il trattamento per la CIDP e quello per la sindrome di Lewis-Sumner sono simili: immunoglobuline in vena e sottocute, cortisone o plasmaferesi. Per la MMN, invece, gli unici farmaci efficaci sono le immunoglobuline in vena, e sottocute come terapia di mantenimento. La sindrome di Guillain-Barré, a differenza delle altre tre, è una malattia acuta, per la quale funzionano le immunoglobuline e la plasmaferesi: se cronicizza, si passa a una diagnosi di CIDP, altrimenti si deve optare per una buona riabilitazione, in mancanza di terapie disponibili. Ecco perché la dicitura presente nei nuovi LEA, dove viene riconosciuta "limitatamente alle forme croniche, gravi ed invalidanti", lascia qualche perplessità e non è accettata a livello internazionale”, prosegue il professore.
La terapia di prima linea a base di immunoglobuline è però molto costosa e va ripetuta frequentemente, con un accesso ospedaliero della durata di 5-7 ore, per una media di 3-5 giorni al mese. Questo comporta, oltre a numerosi disagi per i pazienti, un problema di sostenibilità per il servizio sanitario. Una soluzione potrebbe emergere da uno studio controllato con placebo, per il quale è già in corso il reclutamento di pazienti affetti da CIDP in dieci Centri italiani. Il trial di Fase III, promosso dal prof. Nobile-Orazio e finanziato da AIFA, valuterà l'efficacia di una terapia immunosoppressiva con l'anticorpo monoclonale rituximab (già confermata da studi preliminari) in associazione a immunoglobuline, e terminerà nel 2021.
Nel corso degli ultimi anni, la consapevolezza delle neuropatie disimmuni da parte dei medici è nettamente migliorata, e con essa si sono ridotti i tempi di diagnosi. I pazienti con MMN, a causa dei loro sintomi che hanno una componente principalmente motoria, un tempo potevano ricevere una diagnosi terribile come quella di sclerosi laterale amiotrofica. La MMN, invece, ha un andamento molto più benigno, e soprattutto, al contrario della SLA, ha delle opzioni terapeutiche. Oggi, per fortuna, questi errori non accadono più. “In realtà, la diagnosi delle neuropatie disimmuni non è complicata: nella maggior parte dei casi sono sufficienti un'attenta analisi della storia e dell'obiettività clinica, unite all'elettromiografia”, conclude Nobile-Orazio. “Sono disponibili anche altri metodi diagnostici, come la puntura lombare, gli ultrasuoni o la risonanza del nervo, ma raramente sono necessari”.
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