Prof. Alessandro Simonati: “Serve un progetto nazionale che studi ciascuna forma, oltre a individuare le finestre temporali per un più efficace intervento farmacologico”
Le ceroidolipofuscinosi neuronali sono rare malattie neurodegenerative. Esistono 13 forme di ceroidolipofuscinosi, di cui 10 a esordio infantile. “Le forme con esordio in età pediatrica presentano come manifestazioni caratterizzanti epilessia, calo della vista, disturbo motorio e decadimento cognitivo che porta a demenza. Ci sono, però, delle diversità tra le varie forme per le tipologie di esordio”, spiega Alessandro Simonati, Professore di Neuropsichiatria Infantile all’Università di Verona. In questo periodo, la ricerca clinica sta ponendo attenzione anche all’insorgenza di altre manifestazioni cliniche, quali, ad esempio, il ritardo del linguaggio, che sembrerebbe precedere l’esordio dei sintomi chiave della malattia ed avere quindi un ruolo 'predittivo' sull’insorgenza di alcune forme. “Questo fattore è stato dimostrato per la CLN2 e per la CLN5, ma va interpretato con la giusta cautela”, continua Simonati.
L’Italia è nella media mondiale per il numero di nuovi casi annui (1/100.000 nuovi nati) di ceroidolipofuscinosi neuronali, ma si distingue per la varietà delle forme presenti, rispetto ad altri Paesi che ne presentano solo alcune. “Le forme tardo-infantili sono le più rappresentate (circa due terzi dei casi ad esordio in età pediatrica). La CLN2, la forma con maggiore incidenza nel nostro Paese, si verifica nel 22% dei casi. La CLN3, la forma più diffusa in Europa, la cosiddetta 'forma giovanile', da noi è sotto-rappresentata (circa 16%): questo potrebbe derivare da un insufficiente riconoscimento dei casi. Spesso, questi pazienti sono gestiti in ambiente oculistico per un certo periodo, perché la forma non viene riconosciuta immediatamente”, spiega Simonati.
La buona notizia è che l’aspettativa di vita dei bambini colpiti da ceroidolipofuscinosi si sta allungando. “Anni fa, i casi più gravi non superavano i 10-12 anni di vita, ma oggi alcuni pazienti raggiungono anche la terza decade. Questo deriva dal miglioramento della qualità dell’assistenza. “La disponibilità di farmaci specifici per trattare queste forme potrebbe rallentare la velocità di progressione di queste malattie, e pertanto allungare la sopravvivenza e migliorare la qualità della vita, come sembra accadere per l’unico farmaco ora a disposizione per la CLN2. Purtroppo non si vedono all’orizzonte farmaci che possono condurre a guarigione, ciò proprio per le intrinseche caratteristiche della neurodegenerazione”, continua Simonati.
L’eterogeneità delle forme presenti in Italia non favorisce, purtroppo, gli investimenti nella ricerca, come spiega Simonati: “La ricerca pubblica è sotto finanziata, e l’industria farmaceutica privata è interessata a sostenere ricerche che abbiano poi delle ricadute vantaggiose dal punto di vista economico, com’è logico vista la natura dell’impresa. Pertanto, l’interesse è rivolto a quelle forme per le quali sia possibile trovare una cura in tempi ragionevoli e per le quali siano presenti un certo numero di pazienti. L’eterogeneità, quindi, non crea valore: i malati si disperdono in varie forme e ogni tipologia di ceroidolipofuscinosi interessa quindi un numero esiguo di pazienti, all’interno di un gruppo di malattie estremamente rare”, puntualizza Simonati.
Quello che serve, spiega lo specialista, è un progetto nazionale per le ceroidolipofuscinosi: partendo dai bisogni e le forme della malattia che possono essere più rappresentate, bisogna puntare a riunire risorse utili a una diagnosi rapida ed efficace, strumenti necessari anche per la prevenzione, e fornire ai genitori strumenti per future scelte consapevoli. “Una coppia deve poter sapere di essere portatore sano di una determinata variazione genetica e deve poter effettuare la propria scelta con la massima consapevolezza”, spiega Simonati. “Servirà inoltre sostenere i laboratori che, con la loro attività di ricerca e le loro collaborazioni internazionali, stanno cercando di dar luce ai tanti punti ancora oscuri dei meccanismi che conducono alla malattia”. Solo attraverso la conoscenza del ruolo e del significato biologico delle proteine 'malate' si potranno progettare nuovi farmaci specifici. Al riguardo, si sta anche lavorando sul riconoscimento della storia naturale della malattia. “È importante capire l’evoluzione clinica di ciascuna forma, in modo da poter individuare delle finestre temporali precoci, nelle quali la somministrazione di un farmaco possa essere più efficace che nelle fasi avanzate della malattia”, conclude Simonati.
Sul portale CLN2connection.it, medici e professionisti della salute possono reperire informazioni e aggiornamenti, in lingua italiana, su diagnosi e terapia della malattia CLN2.
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