Dott.ssa Francesca Dongiglio (Napoli): “A livello di società scientifiche si inizia a parlare dell’importanza del ruolo del nutrizionista nei centri di cura, ma solo marginalmente per ora”
Tra le manifestazioni cliniche dell’amiloidosi, in particolare di quella ereditaria da transtiretina (hATTR), vi sono anche sintomi gastrointestinali, che spesso si verificano subito dopo l'esordio della malattia. Proprio per questo una corretta gestione dell’alimentazione è inserita, sempre più spesso, nel percorso di gestione terapeutica della malattia. Per approfondire questo aspetto abbiamo voluto rivolgere qualche domanda alla dr.ssa Francesca Dongiglio, biologa nutrizionista presso l'Ambulatorio Malattie Genetiche e Rare Cardiovascolari dell'Ospedale Monaldi di Napoli.
Dr.ssa Dongiglio, quali sono gli aspetti chiave del percorso di presa in carico, dal punto di vista nutrizionale, di un paziente anziano?
La valutazione nutrizionale di un paziente anziano, quindi un paziente essenzialmente fragile, riveste un ruolo fondamentale per la prognosi della patologia. La definizione dello stato nutrizionale avviene mediante una raccolta di dati anamnestici, mediante l'utilizzo di questionari validati (MNA o recall delle 24 h), dati antropometrici ed esami biochimici che permettono di calcolare indici nutrizionali come BMI, mBMI, PNI e NRI. La BMI permette di classificare i pazienti in base al peso espresso in Kg e altezza in cm in sottopeso, normopeso, sovrappeso e obesità I, II e III grado. La PNI è in grado di prevedere la mortalità dei pazienti con patologie croniche [PNI=10×serum albumin (g/dL)+0.005×total lymphocyte (count per mm 3 )]. L’NRI è un indice di rischio relativo che consente la classificazione dei pazienti in base al rischio di morbilità e mortalità in relazione alla patologia sottesa [NRI =1.519 × serum albumin (g/L) +41.7× (present weight/usual weight)]. La mBMI è calcolata come prodotto di BMI e albumina sierica, un metodo accurato per la valutazione dello stato nutrizionale dei pazienti con sovraccarico di volume, come nei pazienti con amiloidosi ATTR. La fragilità di un paziente anziano affetto da amiloidosi cardiaca può comportare un peggioramento del decorso della malattia. L’amiloidosi in stato avanzato è caratterizzata da un deficit di macro e micronutrienti che contribuisce al peggioramento del corredo sintomatologico e alla progressione della malattia. Si viene a sviluppare infatti uno stato ipercatabolico con perdita di peso e di massa muscolare (malnutrizione, cachessia). È dunque fondamentale la presa in carico di un nutrizionista esperto nella gestione e presa in carico di tali pazienti.
Nei centri di presa in carico di questi pazienti il nutrizionista normalmente c’è? Lei fa parte della SIMMESN, si parla di questo a livello di società scientifiche?
A livello di società scientifiche si inizia a parlare dell’importanza del ruolo del nutrizionista nei centri di cura, ma solo marginalmente per ora. Alcuni centri in Italia si sono organizzati per avere una figura interna, ma sono pochi. Ne è riprova il fatto che da noi [Ospedale "Vincenzo Monaldi" - AORN dei Colli (Napoli), N.d.R.] non è raro che arrivino pazienti da altri centri, con la richiesta di essere seguito sotto l’aspetto nutrizionale. In questi casi, se il paziente riesce a raggiungerci facilmente lo prendiamo in carico per la parte relativa all’alimentazione, lasciando la presa in carico degli aspetti cardiologici al centro di riferimento originario. Laddove, invece, il paziente sia troppo distante per raggiungere il nostro ospedale, abbiamo attivato un servizio di telemedicina e teleconsulto. Il limite, in questo caso, è chiaramente la difficoltà di fare una valutazione clinica completa, anche se il paziente viene comunque coinvolto molto soprattutto attraverso dei questionari alimentari.
Parlando sempre di presa in carico, quali sono le specificità nel caso di una persona con amiloidosi cardiaca?
Le amiloidosi sono un gruppo di malattie sistemiche, acquisite o ereditarie, caratterizzate dall’accumulo di sostanza amiloide, composta principalmente da aggregati proteici organizzati in fibrille. Tali fibrille, per la loro insolubilità, tendono a precipitare a livello degli spazi extracellulari di organi e tessuti determinando la perdita progressiva della loro funzionalità. Potenzialmente qualunque struttura proteica, generalmente solubile nel plasma, può trasformarsi in un precursore delle fibrille d’amiloide, perdendo le sue proprietà fisiche qualora vada incontro ad errori dell’assemblamento (misfolding) per anomalie strutturali congenite o acquisite o in caso d’eccessiva produzione. Tali fibrille possono accumularsi in organi e tessuti differenti e il sistema gastrointestinale non è risparmiato: ciò comporta una modifica della normale funzionalità e fisiologia e di conseguenza segni e sintomi tipici come perdita di peso involontaria, nausea, vomito, alvo irregolare e incontinenza fecale.
Per intervenire su queste problematiche, che tipo di accorgimenti nutrizionali e/o correzioni dietetiche si fa più spesso ricorso? Quali sono le indicazioni che dà più spesso ai suoi pazienti? Ha raccolto evidenze di come il cambio di regime alimentare abbia migliorato la loro qualità della vita?
Una delle manifestazioni gastrointestinali tipiche delle amiloidosi cardiaca e che rappresenta un campanello di allarme è la perdita di peso involontaria. Generalmente, questa manifestazione si può avere molto nella forma secondaria (ATTR), spesso nella forma AL, poco frequentemente nella forma wild-type (ATTRwt). In questo caso, dopo una valutazione del paziente, con tutte le metodiche che abbiamo già riferite, si può stilare un piano dietetico, che solitamente prevede uno schema iperproteico. Di norma aumentiamo leggermente la quota proteica, in un intervallo che va dal 15 al 25%, quindi tendiamo a ridurre un po’ la quota dei grassi e dei carboidrati a favore della quota proteica. Poiché, nella maggior parte dei casi, i pazienti hanno a che fare con una significativa perdita del senso di fame, questa supplementazione, inserita in diversi momenti della giornata, è spesso fornita tramite una bevanda, che può essere inserita a colazione o anche come spuntino, oppure sotto forma di compresse vitaminiche. Proprio a causa della riduzione dell’appetito e dell’aumento del senso di sazietà, un aumento dell’apporto calorico giornaliero non è sempre un obiettivo per corribile, per questo facciamo ricorso agli integratori. Queste formulazioni hanno il compito di non tanto di far recuperare il peso ma di fermare il progredire della stessa, soprattutto quando coinvolge la massa magra e quella muscolare. Quest’ultima, in particolare, rappresenta uno dei maggiori campanelli di allarme, perché potrebbe portare a un vero e proprio stato di malnutrizione.
L’esperienza che abbiamo, per fare un esempio, è di un paziente che ha perso oltre trenta chilogrammi e che sta seguendo questo protocollo suppletivo da oltre due anni, affiancato con un percorso fisioterapico, con l’obiettivo appunto di bloccare la perdita di massa magra e muscolare. Il sovrappeso, al contrario, lo troviamo generalmente nella forma wild-type, quindi nella forma senile, dove il coinvolgimento gastrointestinale è un po' più sfumato. Ci sono ovviamente dei sintomi, però non sono così importanti come nelle altre due forme. Spesso il sovrappeso si riscontra in pazienti con comorbilità, come per esempio diabete, ipertensione, dislipidemia mista, quindi in questo caso si vanno ad applicare dei protocolli che non sono legati strettamente all’amiloidosi ma piuttosto a una situazione diversa. In questo caso si interverrà quindi con uno schema nutrizionale ipocalorico.
Quali sono i tratti comuni tra la gestione alimentare di un paziente con amiloidosi cardiaca e uno con un'altra cardiopatia rara?
Negli ultimi anni nel mondo occidentale, con l’aumento della prevalenza dell’obesità e delle patologie a essa correlate, si sta imponendo sempre di più la necessita di migliorare le abitudini alimentare della popolazione. All’obesità ad esempio sono direttamente correlate l’ipertensione, il diabete mellito, cardiopatia ischemica etc. In questo scenario appare sempre più importante la figura di un nutrizionista inserito all’interno di un ambulatorio multidisciplinare che riesca a gestire pazienti affetti da patologie croniche e qualora possibile anche malattie rare. La consulenza nutrizionale comprensiva di dati anamnestici, antropometrici, impedenziometrici è fondamentale e comune nella gestione di tutti i pazienti "rari". Le scelte terapeutiche e di conseguenza i protocolli nutrizionali che vengono adottati dipendono dal tipo di patologia e dalla sintomatologia del paziente.
Correlate a una gestione attenta dell’alimentazione ci sono, immagino, esigenze legate all’importanza dell’attività fisica e/o riabilitativa. Come vengono coordinati tra loro questi aspetti?
La presa in carico multidisciplinare è fondamentale nella gestione di patologie sistemiche e complesse come le malattie rare. Nel caso dei pazienti affetti da amiloidosi cardiaca, la perdita di peso involontaria comporta una riduzione della componente magra e muscolare. L'intervento nutrizionale mira al recupero della FFM mediante programmi dietetici iper proteici e con utilizzo di supplementazione vitaminica e proteica, con bevande che possono essere inserite in momenti diversi della giornata. La dietoterapia è di solito associata anche ad intervento da parte di in fisioterapista esperto che prende in carica il paziente. A tal proposito, uno studio in corso, focalizzato sugli indirizzi in termini di attività fisica per il recupero dell’attività muscolare, indicati in particolare per pazienti con amiloidosi wild-type, prende in considerazione l’associazione tra l’intervento fisioterapico con massaggi e l’inserimento nella quotidianità dei pazienti di passeggiate e percorsi in bicicletta, meglio se in pendenza. Si tratta comunque di attività leggere, a cui si può aggiungere per esempio delle yoga, con l’obiettivo di aiutare il metabolismo a lavorare in maniera più veloce senza impattare troppo sulla vita del paziente.
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