Pubblicato il Documento di sintesi del progetto AmyC, con le richieste e le necessità emerse sulla malattia rara in un anno di confronto tra stakeholder del settore
Roma – Un circolo virtuoso con il coinvolgimento di tre protagonisti: pazienti, Medici di Medicina Generale (MMG) e specialisti, in questo caso cardiologi. Potrebbe essere definito così il percorso ideale che conduca le persone affette da amiloidosi cardiaca alla diagnosi precoce e a una presa in carico efficace e completa. Il primo step affinché si realizzi tutto questo è la conoscenza e consapevolezza che alcuni sintomi cardiaci possono rappresentare i campanelli d’allarme dell’amiloidosi cardiaca, una malattia rara ancora sotto-diagnosticata. Osservatorio Malattie Rare (OMaR) dedica ormai da diversi anni un’attenzione speciale a questa patologia e nel 2023 ha realizzato il Progetto AmyC, con il patrocinio di SIMG - Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie, Conacuore ODV - Coordinamento Nazionale Associazioni del Cuore, fAMY - Associazione Italiana Amiloidosi Familiare Onlus e Fondazione Italiana per il Cuore e il contributo non condizionante di Pfizer. Un progetto articolato in più incontri, di cui è stato appena pubblicato il Documento di sintesi.
Il Progetto ruota intorno al tema della diagnosi precoce e, in particolare, ai campanelli d’allarme a cui devono prestare ascolto non solo i pazienti, ma soprattutto i medici di base e anche i cardiologi, perché spesso i primi sintomi di amiloidosi possono indurre in errore o non essere riconosciuti come tali anche da specialisti con una robusta esperienza nella diagnosi e nella gestione del paziente affetto da scompenso cardiaco. Ciò accade perché esistono molte varianti di questa malattia, con segni e sintomi diversi a carico di vari organi. L’obiettivo di AmyC è stato dunque far emergere le principali criticità che caratterizzano il percorso diagnostico dell’amiloidosi cardiaca; molti pazienti, infatti, ricevono la diagnosi svariati anni dopo la comparsa dei primi sintomi, perciò occorre facilitare l’apertura di un dialogo tra le parti coinvolte: pazienti, MMG e specialisti. Il Progetto ha previsto, dunque, un primo board di presentazione, svoltosi il 26 settembre 2023 tra le associazioni di pazienti, un rappresentante della classe dei Medici di Medicina Generale e uno specialista cardiologo. Guidando la discussione attraverso una serie di punti chiave si è cercato di individuare soluzioni pratiche da realizzare mediante la stretta collaborazione tra le parti interessate. Tutto ciò allo scopo di tracciare un corretto percorso diagnostico e realizzare una efficace presa in carico. Un secondo incontro, questa volta aperto all’intera comunità di persone con amiloidosi cardiaca e ai Medici di Medicina Generale, si è tenuto lo scorso 31 ottobre con il fine ultimo di favorire un dialogo costruttivo e affinare la comprensione di come ognuno dei protagonisti del cammino diagnostico possa supportare gli altri, affinché la diagnosi non continui a richiedere tempistiche del tutto inaccettabili per i pazienti. Al secondo e ultimo incontro, intitolato “Dialogo tra pazienti, medici di base e specialisti dell’Amiloidosi Cardiaca”, hanno partecipato Cristina Meneghin, Direttore Comunicazione Scientifica Fondazione Italiana per Il Cuore; Giuseppe Ciancamerla, Presidente Conacuore ODV - Coordinamento Nazionale Associazioni del Cuore; Andrea Vaccari, Presidente fAMY Onlus - Associazione Italiana Amiloidosi Familiare; Gaetano Piccinocchi, Specialista in Medicina Interna, Napoli e Rappresentante SIMG al Comitato Nazionale Malattie Rare del Ministero della Salute; Giuseppe Palmiero, Unità di Malattie Genetiche e Rare Cardiovascolari, Azienda Ospedaliera Monaldi Cotugno, Centro Coordinamento Malattie Rare, Regione Campania.
Ciò che è emerso dal confronto, come riportato nel Documento di sintesi, è la necessità che tra pazienti, MMG e specialisti si instauri un interscambio efficace e proficuo, che prenda il via dal sospetto clinico coltivato dal medico di medicina generale. Quest’ultimo, infatti, “ha il vantaggio di conoscere a fondo la storia clinica del paziente, tuttavia non può essere a conoscenza del corteo sintomatologico di tutte le quasi diecimila malattie rare ad oggi diagnosticate. Per questo è fondamentale che si sviluppi e si diffonda sempre di più la cultura del sospetto clinico della malattia, passaggio chiave per fornire ai pazienti un primo elemento di interpretazione dei sintomi e spesso l’unica arma a disposizione del MMG, il quale guidato proprio dal sospetto clinico, invia il paziente dal cardiologo instaurando col collega specialista un rapporto costruttivo che permetta il confronto e lo scambio di conoscenza”, ha spiegato Gaetano Piccinocchi.
Per fare in modo che ciò avvenga è necessario che si attivi un collegamento forte tra le due figure, che in molti casi comunicano attraverso il paziente stesso. “È indispensabile, invece, che questa connessione venga istituzionalizzata, partendo da una formazione congiunta di MMG e specialisti e passando per una gestione integrata e strutturata del paziente tra medico di base e cardiologo territoriale”, ha constatato Giuseppe Palmiero. “Solo in questo modo si favorirà, rendendolo completamente efficiente, l’interscambio di conoscenze e competenze, garantendo ai pazienti un percorso comune che renda omogenea sul piano nazionale la presa in carico, senza discriminazioni legate all’appartenenza regionale. Questo anche in previsione futura, nella consapevolezza che il quadro epidemiologico tra vent’anni potrebbe mutare e non tutti i pazienti avranno la possibilità di rivolgersi ai Centri di riferimento, il cui numero è limitato sul territorio”, ha concluso.
Per avviare questo percorso occorrono quindi soluzioni pratiche per accendere i campanelli d’allarme che inducano il sospetto. Un passaggio reso possibile dal saggio utilizzo dei sistemi informatici, con degli alert specificamente correlati a determinate condizioni cliniche e manifestazioni anticipatorie dell’amiloidosi cardiaca. Gli algoritmi di machine learning che combinano questi input esistono, ma occorre superare gli ostacoli all’implementazione nella pratica clinica. La richiesta alle associazioni è, dunque, di partecipare alla formazione e favorire la condivisione di best practice e progetti già in corso.
Le amiloidosi sono un gruppo di malattie (circa 30), ereditarie e non, caratterizzate da disordine metabolico causato dall’accumulo dannoso di sostanza amiloide all’interno dell’organismo. Esistono diverse forme, ognuna delle quali è legata a una specifica proteina: sono quindi patologie multi-sistemiche che colpiscono numerosi organi e tessuti come reni, apparato gastrointestinale, fegato, cute, nervi e occhi. Uno degli organi maggiormente coinvolti è il cuore, che sviluppa una cardiopatia infiltrativa e uno scompenso cardiaco progressivo. Ecco perché si parla di “amiloidosi cardiaca” quando ci si riferisce alla patologia cardiaca associata alle amiloidosi. L’amiloidosi cardiaca può essere di due forme: ereditaria, che si manifesta a partire dai 50 anni, e acquisita, che si presenta in soggetti più anziani, 60-80 anni. I pazienti in media vivono da 2 a 4 anni dopo la diagnosi, in base alla loro condizione al momento del riconoscimento della patologia.
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