Il prof. Andrea Giustina (Brescia) ha scritto una revisione sui progressi della terapia
BRESCIA – Nel febbraio 1999, a Cortina d'Ampezzo, si tenne una consensus conference internazionale per definire i criteri per la cura dell'acromegalia. Da allora la visione della malattia si è evoluta e sono state diffuse altre linee guida. Il prof. Andrea Giustina, Ordinario di Endocrinologia all’Università di Brescia, con tre colleghi ha effettuato una revisione della letteratura sull'acromegalia, pubblicata sulla rivista Progress in Molecular Biology and Translational Science, nella quale ha evidenziato i progressi degli ultimi 15 anni.
“Il primo riguarda i metodi di dosaggio dell'ormone della crescita (GH) e del fattore di crescita insulino-simile IGF1: oggi possiamo contare su metodiche ultrasensibili in grado di misurare piccolissime quantità di questi ormoni, e ciò determina di conseguenza un diverso modo di procedere con la terapia”, spiega Giustina.
Accanto a questi criteri biochimici, un altro concetto che si è evoluto è quello del volume dell'adenoma: alcuni studi hanno dimostrato che gli analoghi della somatostatina sono una terapia efficace a ridurlo, in molti più casi rispetto al passato, e oggi più della metà dei pazienti sono in terapia esclusivamente farmacologica.
“C'è poi una più scrupolosa valutazione delle complicanze cardiache, respiratorie e metaboliche, come il diabete, e un attento follow up. Il risultato è una miglior qualità di vita e un tasso di mortalità che negli ultimi 15 anni è passato da da 3 a 1,5 rispetto ai non affetti da acromegalia”, sottolinea il prof. Giustina.
Anche le scelte terapeutiche oggi sono diverse: c'è stato l'avvento del pasireotide, un analogo della somatostatina che amplia lo spettro d'azione, andando a colpire più sottotipi recettoriali, e che a breve sarà in commercio anche in Italia. “Anche il pegvisomant, che agisce sull'ormone della crescita, è molto efficace. Si sospettava che facilitasse la crescita dell'adenoma, ma è stato poi confermato che si tratta di un fenomeno così circoscritto da suggerire che non ci sia un rapporto di causa-effetto”, afferma Giustina.
Recentemente, inoltre, uno studio pubblicato sulla rivista Pituitary ha dimostrato l'efficacia di un altro farmaco: il lanreotide Autogel. “Questa sub-analisi dello studio PRIMARYS su 90 pazienti mai sottoposti a terapie in precedenza, ha riportato un rapido e consistente miglioramento nei principali segni clinici e nella qualità di vita dopo un anno di trattamento con lanreotide”, ha sottolineato il prof. Giustina. “I sintomi, come mal di testa, sudorazione e gonfiore, sono stati riportati dal paziente stesso con un questionario, così come i progressi della terapia antalgica. Anche la formulazione del farmaco è semplice: alcuni pazienti riesco ad autosomministrarselo”.
Seguici sui Social