Il mieloma multiplo (MM) è un tumore del midollo osseo, più frequente negli uomini che nelle donne, e si presenta nella larga maggioranza dei casi dopo i 60 anni. La malattia è causata dal danneggiamento del DNA di alcune plasmacellule, cellule immunitarie che hanno la funzione di produrre anticorpi e difenderci dalle infezioni. Le cellule del mieloma sono caratterizzate dalla produzione in eccesso di un anticorpo, noto come paraproteina o Componente M, che viene rilevato nel siero del paziente e facilita la diagnosi. Inoltre, viene prodotta anche una grande quantità di citochine, segnali dell’infiammazione, che possono interferire con la formazione delle altre cellule del sangue o con la sintesi di osteoclasti, le cellule dell’osso, innescando fragilità e fratture ossee tipiche di questa forma tumorale.

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La statunitense Fda ha approvato il trattamento del mieloma multiplo con carfilzomib, inibitore del proteasoma di nuova generazione, per i pazienti la cui malattia sia progredita nonostante due cicli di trattamenti che comprendano anche bortezomib, thalidomide o lenalidomide.

Per i pazienti con malattia in progressione il trapianto autologo sembra non essere efficace

Il trapianto autologo di cellule staminali in pazienti affetti da mieloma refrattario conduce a risultati diversi in base alla fase della malattia.  In generale i risultati sono incoraggianti ma l'esito su pazienti con malattia stabile è differente da quello su pazienti con malattia progressiva.

Bosi: “Individuato chiaramente il paziente ‘scarso mobilizzatore’, potrà avere la terapia adeguata”

Potrebbe essere destinata a diminuire in breve tempo quella percentuale del 20 per cento di pazienti affetti da gravi forme tumorali del sangue, come mieloma multiplo o linfoma, che hanno difficoltà ad accedere al trapianto autologo – o autotrapianto – di midollo. In questa condizione di difficoltà si trovano ogni anno almeno 500 pazienti italiani sui 2600 che avrebbero bisogno di questo trattamento. Per molti di loro rappresenta la terapia di prima scelta. Per queste persone il problema è la difficoltà a raccogliere dal loro sangue le cellule staminali ematopoietiche che sarebbero necessarie. Si parla in questo caso di paziente ‘scarso mobilizzatore’. Sapere prima chi corre questo rischio ed averne la conferma in tempi brevi, indirizzandoli subito alla terapia necessaria per risolvere il problema, sarà ora possibile grazie all’applicazione di una ‘consensus’ raggiunta da 8 dei massimi esperti italiani*, solo alcuni di quelli che sono riuniti nel GITMO – Gruppo Italiano Trapianto di Midollo Osseo, presieduto dal prof. Alberto Bosi, professore di Ematologia presso l’Università di Firenze. La novità è stata annunciata il 5 maggio scorso proprio nel corso della riunione annuale del GITMO; la consensus sarà pubblicata entro un paio di mesi sulla più importante rivista scientifica del settore: Bone Marrow Transplantation. Osservatorio Malattie Rare ha voluto parlarne direttamente con il prof. Bosi.

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