In un recente evento online, clinici e rappresentanti dei pazienti si sono confrontati sulla patologia e sulle nuove opzioni terapeutiche
Uno dei personaggi più iconici del cinema d’azione degli anni Novanta è il nemico di Arnold Schwarzenegger nel film “Terminator II - Il giorno del giudizio”: un personaggio dalle mille forme, che i proiettili arrestano ma che non sembra poter essere mai sconfitto. In un certo senso, il mieloma multiplo (MM) è un tumore piuttosto somigliante a questo personaggio proprio perché, in molti casi, tende a resistere alle terapie e a ripresentarsi dopo più cicli di trattamento.
Per questa ragione l’impegno della ricerca nel percorso di scoperta di nuove soluzioni terapeutiche è costante e, come ben spiegato nel corso dell’evento online “Il mieloma multiplo in fase avanzata: come affrontarlo”, fortemente supportato dai pazienti. L’evento, svoltosi il 10 dicembre scorso, è stato promosso da GSK e ha messo a confronto la componente clinica, rappresentata dal prof. Fabrizio Pane, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Ematologia e Trapianti di Midollo presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Federico II" di Napoli, con quella dei pazienti, a cui ha dato voce il prof. Sergio Amadori, Presidente AIL - Associazione Nazionale contro Leucemie, Linfomi e Mieloma. Sono intervenuti anche Francesco Macchia, coordinatore di OSSFOR - Osservatorio Farmaci Orfani, e la dott.ssa Simona Sallustio, Testimonial AIL. Quest’ultima ha portato la sua esperienza clinica con un tumore che nella gran parte dei casi colpisce individui di età avanzata, ma che non risparmia i più giovani.
UNA MALATTIA SEMPRE PIU’ DIFFUSA
Anche in forza del progressivo invecchiamento della popolazione, il mieloma multiplo è una patologia in netta crescita, con un numero stimato di circa 50mila nuovi casi all’anno in Europa. “In Italia si stima vi siano circa 5.500-6.000 nuovi casi ogni anno e che siano un po’ meno di 30mila i pazienti con mieloma multiplo in vari stadi e in momenti diversi del percorso terapeutico”, ha affermato il prof. Pane. “Sono perlopiù pazienti anziani, con un’età mediana di 72 anni e che presentano qualche comorbilità preesistente”. Si tratta dunque di una popolazione vulnerabile: ciò significa che la diagnosi deve essere precoce, così da ottimizzare le possibilità terapeutiche e inquadrare lo stadio di malattia che definisce l’orizzonte prognostico. Generalmente, i pazienti rispondono bene alla terapia, ma non mancano i casi di coloro che sono refrattari a vari tipi di farmaci o che sviluppano forme recidivanti di mieloma. È proprio nella loro direzione che si stanno concentrando gli sforzi dei ricercatori, il cui obiettivo è tentare di sviluppare nuovi trattamenti - come gli anticorpi monoclonali coniugati o le cellule CAR-T - che si andranno ad aggiungere all’armamentario terapeutico oggi disponibile.
COMUNICARE UNA DIAGNOSI DIFFICILE
Poiché il mieloma multiplo è una patologia ad andamento cronicizzato, la comunicazione della diagnosi al paziente è un momento difficile, che si colloca in un contesto estremamente delicato, in quanto segna l’inizio di un percorso terapeutico che potrebbe essere molto lungo; si tratta pur sempre di una patologia di tipo neoplastico che impatta sulle aspettative per il futuro dei pazienti, i quali hanno bisogno di conoscere le prospettive di cura e le possibilità di guarigione. “Tra i vari compiti che AIL svolge, quello centrale è di essere vicino al paziente sin dal momento della diagnosi posta dall’ematologo”, ha precisato il prof. Amadori. “È un momento angosciante per il paziente e la sua famiglia che, in un certo senso, si ammala con lui. Perciò, al medico e alla sua equipe spetta il compito di far comprendere cosa sia la malattia e come si articoli il percorso di cura. Solo quindici anni fa la sopravvivenza era bassa ma oggi essa è fortemente aumentata e, nonostante il mieloma multiplo tenda a dare recrudescenze, l’armamentario terapeutico è uno dei più ricchi. Occorre dunque usare al meglio le terapie innovative e comprendere quale sia la sequenza terapeutica più efficace. E, ancor di più, non bisogna far sentire soli i pazienti e le loro famiglie”. Per questa ragione AIL schiera un esercito di 20mila volontari su tutto il territorio nazionale, che prestano servizio nei centri ematologici al fine di accompagnare i pazienti durante il loro percorso di cura.
L’INNOVAZIONE TERAPEUTICA
Oltre alla sensibilità dei medici che li seguono, e all’empatia dei volontari che li affiancano, i pazienti hanno bisogno di sapere che quello del mieloma è un terreno di gioco affollato di nuove terapie e che la ricerca scientifica sta compiendo passi avanti nel trattamento di questa patologia. Al paziente pluritrattato e più volte refrattario si presenta l’opzione dei farmaci immunomodulatori, attivi contro le plasmacellule colpite dalla patologia, e anche degli inibitori del proteasoma, in grado di impedire a queste plasmacellule di accumulare troppi detriti proteici durante l’eccessiva produzione di anticorpi tipica della patologia. A questi farmaci si associa un anticorpo monoclonale diretto verso l’antigene CD38, presente sulla superficie delle plasmacellule.
“Nelle fasi avanzate, quando il paziente non risponde più, si ricorre ad anticorpi monoclonali diretti verso nuovi e più stabili antigeni espressi stabilmente sulla superficie delle cellule neoplastiche, come l’antigene di maturazione delle cellule B (BCMA)”, ha spiegato Pane. “Belantamab mafodotin è un trattamento anti-BCMA che si è dimostrato essere attivo in una popolazione di pazienti che non rispondono più agli agenti immunomodulatori, agli inibitori del proteasoma e all’anticorpo monoclonale di prima generazione”. Si tratta di un farmaco molto atteso, che la Commissione Europea ha approvato proprio per il trattamento di pazienti con MM recidivante e refrattario. Oltre a riconoscere un antigene diverso da CD38, questa molecola è coniugata con un farmaco chemioterapico veicolato specificamente alla plasmacellula neoplastica, la quale lo ingloba e viene così uccisa, riducendo in maniera notevole la tossicità nei confronti di organi e tessuti circostanti.
Un’altra novità di assoluto rilievo, discussa anche nel corso del 62° Congresso annuale dell’American Society of Haematology (ASH), ha riguardato le terapie a base di cellule CAR-T, i cui dati presentati hanno mostrato un’elevata efficacia proprio in pazienti pluritrattati. In Italia è iniziata l’attivazione di alcuni centri che potranno somministrare questo tipo di terapia, che è comunque complessa e destinata a individui con precise caratteristiche cliniche, e che richiede un impegno multidisciplinare unito a una profonda organizzazione.
“L’investimento nelle nuove terapie è in costante crescita e la medicina di precisione costituisce una speranza straordinaria per il presente e per il futuro”, ha concluso Francesco Macchia. “Le istituzioni devono continuare a lottare per ridurre i tempi di approvazione e inserimento in commercio dei nuovi farmaci e, insieme a questo, è necessario da parte di tutte le parti in causa, il supporto alle associazioni di pazienti che prestano assistenza ai malati”.
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