Sono due giovani ricercatrici, che hanno realizzato importanti e innovativi studi con l’obiettivo di migliorare diagnosi e terapie per le migliaia di persone che vengono colpite da linfoma ogni anno, che si sono aggiudicate il Premio Brusamolino 2018, del valore complessivo di 10.000 euro. Il premio, destinato a ricercatori sotto i 40 anni, indetto in memoria del Dottor Ercole Brusamolino (ematologo, docente universitario e tra i fondatori, nel 1991, di Ayamé Italia) quest’anno è alla quinta edizione.

I due premi (del valore di 5.000 euro ciascuno) erano messi a disposizione da Fondazione Italiana Linfomi Onlus (FIL) e Fondazione Malattie del Sangue Onlus (FMS), con il patrocinio della Rete Ematologica Lombarda (REL), e sono andati alle dottoresse Chiara Pighi e Valeria Romina Spina.

Chiara Pighi, nata a Negrar in provincia di Verona, di 34 anni, ha realizzato la ricerca che ha ottenuto il riconoscimento presso il Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la salute, Università di Torino, e presso il Dipartimento di Patologia, Boston Children's Hospital and Harvard Medical School, a Boston. La sua ricerca, dal titolo “L’inibizione di PI3K-delta aumenta l’instabilità genomica nelle cellule B” è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature nel 2017. La ricerca riguarda il campo dei linfomi di tipo B, leucemia linfatica cronica e linfoma a cellule del mantello e in particolare alcuni effetti delle principali terapie ad oggi utilizzate su un enzima mutagenico specifico dei linfociti B. Spiega la Dott.ssa Pighi: “Nel complesso, abbiamo scoperto un meccanismo mediante il quale alcuni farmaci di nuova generazione aumentano l’instabilità genomica nei linfociti B. Un effetto che dovrebbe esser tenuto in considerazione, visto il trattamento prolungato a cui vengono sottoposti i pazienti con questi nuovi farmaci”.

Valeria Romina Spina è nata in Argentina, ha 36 anni ed è attualmente ricercatrice presso l’Istituto di Ricerca Oncologica di Bellinzona in Svizzera. La ricerca premiata, pubblicata su Blood, la principale rivista ematologica mondiale nel 2018 con titolo “Il DNA tumorale circolante rivela la genetica, l'evoluzione clonale e la malattia residua nel linfoma di Hodgkin classico” ha avuto come obiettivo quello di aggirare complicate procedure tecniche nell’analisi della biopsia tumorale, utilizzando la “biopsia liquida” come nuova fonte di DNA tumorale per studi di genomica sul linfoma classico di Hodgkin. Spiega la dott.ssa Spina: “Grazie a studi di Next Generation Sequencing fatti su biopsia liquida, abbiamo potuto comprendere la genetica del linfoma di Hodgkin, sia al momento della sua presentazione, sia la sua evoluzione durante la terapia. Questo studio multicentrico, si è avvalso di una vasta rete di collaborazioni nel territorio italiano, che ha permesso di raccogliere e analizzare 80 casi di linfoma classico di Hodgkin alla diagnosi e 32 pazienti refrattari alla terapia. In generale, i nostri risultati hanno mostrato come il ctDNA possa essere usato come nuovo biormarker clinico nello studio del linfoma di Hodgkin classico”.

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