La terapia genica è un’ipotesi lontana e la ciclosporina non si è rivelata valida, come si pensava inizialmente, soprattutto per quanto riguarda l’evoluzione a lungo termine” .
Negli ultimi anni sono stati pubblicati studi per identificare quale fosse la migliore terapia per ridurre la proteinuria nella sindrome di Alport e, come conseguenza diretta, rallentare l’evoluzione funzionale a lungo termine. Purtroppo, non si è ancora arrivati a una cura definitiva e soddisfacente. Per i pazienti maschi, prima o poi, arriva il momento della dialisi e del trapianto di rene. “Per i nostri pazienti, quando arrivano ad averne bisogno in età pediatrica, effettuiamo il trapianto qui al Bambino Gesù – spiega la Dottoressa Laura Massella -. Quelli che superano, invece la fascia pediatrica, una volta giunto il momento, vengono affidati ad altre strutture”. Al Bambino Gesù però non ‘mollano’ il paziente non appena raggiunge l’età adulta: la transizione viene accompagnata con molta cura verso i centri per adulti.
Per quanto riguarda le terapie farmacologiche volte a rallentare il danno renale, attualmente l’unica terapia largamente utilizzata, è quella con ACE inibitori, mentre è stata accantonata l’ipotesi di utilizzare la ciclosporina A (CsA).
Su quest’ultima, sono stati pubblicati alcuni studi (3 in tutto), che inizialmente avevano lasciato molto ben sperare. Di fatto, nel tempo – spiega la Dott.ssa Massella - l’efficacia del farmaco, che inizialmente agisce in modo piuttosto rapido sulla riduzione della proteinuria, non si mantiene e la proteinuria prende di nuovo il sopravvento. I primi dati incoraggianti erano stai pubblicati da un gruppo spagnolo (Callis, 1999), poi in parte smentiti dai francesi (Charbit 2009) e dal gruppo italiano del Bambino Gesù (Massella 2010). Il sui impiego resterebbe limitato a casi molto selezionati.
Ad oggi la terapia migliore è quella con ACE inibitori e sartani, farmaci noti da tempo, con pochi effetti collaterali e risultati soddisfacenti.
"Secondo la nostra esperienza – dice ancora la Dottoressa Massella - iniziare la terapia molto precocemente è una possibilità in più che si offre al paziente. Non esistono studi caso-controllo nell’uomo, ma i dati sull’animale sono molto suggestivi in tal senso, con ritardo nello sviluppo delle lesioni istologiche, quando i farmaci vengono iniziati ancora prima della comparsa della proteinuria. Per questo noi iniziamo la terapia con proteinurie anche molto basse quando abbiamo una diagnosi di certezza, e non è escluso che arriveremo a proporre il farmaco già in presenza della sola microematuria.”
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