Intervista alla neuropsichiatra infantile Antonella Gagliano per capire in cosa consistono due disturbi che spiazzano i genitori e, spesso, anche i pediatri
Origini, cause, sintomi, difficoltà diagnostiche e terapie di una sindrome che divide ancora la comunità scientifica e di cui l’opinione pubblica, nella maggioranza dei casi, ignora perfino il nome. Parliamo di PANDAS e PANS, rispettivamente acronimo di “disordine pediatrico autoimmune associato allo Streptococco beta-emolitico di gruppo A” e “sindrome neuropsichiatrica ad esordio acuto”: patologie complesse che spiazzano i genitori e spesso anche i pediatri, ma che è necessario diagnosticare tempestivamente per avere maggiori possibilità di successo delle cure. Abbiamo chiesto ad Antonella Gagliano, neuropsichiatra infantile e professoressa associata all’Università di Messina, di spiegarci le caratteristiche principali di questi disturbi.
PANS e PANDAS, due sindromi di cui si sente parlare poco. Di che si tratta esattamente?
“Il concetto di PANDAS nasce alla fine degli anni Novanta, segnatamente nel 1998, grazie a un articolo scientifico di Susan Swedo, ricercatrice statunitense del National Institute of Mental Health. Questo articolo riportava il caso di una cinquantina di pazienti con tic e sintomi da disturbo ossessivo compulsivo collegati, in termini eziologici, a infezione da Streptococco beta-emolitico di gruppo A con patogenesi immunomediata. Lo studio evidenziava come gli anticorpi prodotti contro lo Streptococco raggiugessero il cervello, generando una cascata infiammatoria perché si legavano ad antigeni dei neuroni simili a quelli dello Streptococco, dando vita a una patologia a genesi autoimmune. Questo concetto, però, oggi è stato superato dallo stesso gruppo di ricerca della dottoressa Sweedo: lo Streptococco beta-emolitico di gruppo A non è l’unico a poter causare una sintomatologia complessa, comprendente tic e disturbi ossessivo compulsivi. Si tratta di una questione fondamentale, che allarga il campo e apre le porte al concetto più ampio di PANS, acronimo che la comunità scientifica attualmente preferisce utilizzare”.
Che differenza c’è tra PANS e PANDAS?
A differenza della PANDAS, la PANS non è causata da un germe specifico: cioè i sintomi fanno seguito ad una condizione infiammatoria del sistema nervoso centrale non necessariamente innescata dallo Streptococco. Alla base di tale infiammazione può esserci, per fare solo qualche esempio, il Mycoplasma, la Borrelia, un virus (tra cui verosimilmente anche il SARS-CoV-2) o anche degli agenti ambientali che generano una condizione di stress acuto o cronico in grado di attivare la cascata immunitaria, che rompe la barriera emato-encefalica lasciando che molecole dell’infiammazione, come le citochine, arrivino al sistema nervoso centrale. Se un processo infiammatorio colpisce la gola o un’articolazione genera sintomi e segni come il dolore, il calore, il gonfiore. Anche un cervello infiammato parla per sintomi, ma si tratta di sintomi comportamentali: la persona cioè cambia il modo di agire e di percepire la realtà.
Quali sintomi dovrebbero indurre i pediatri a sospettare la presenza di PANS/PANDAS?
Un bambino con PANS sviluppa sintomi come paure irrazionali, ossessioni, compulsioni a ripetere sempre lo stesso gesto, come per esempio lavarsi in continuazione le mani o camminare solo lungo la linea delle mattonelle, oppure si rifiuta di mangiare determinati alimenti perché pensa siano contaminati o che possano soffocarlo mentre li ingoia. Può inoltre sviluppare un’intensa ansia da separazione, tic, iperattività e difficoltà di concentrazione, irritabilità, aggressività, disturbi del sonno. Può, ancora, presentare disturbi autonomici come bradichardia e tachicardia, dilatazione delle pupille, esigenza continua di andare a fare pipì. Difficilmente questi sintomi si manifesteranno tutti insieme, ma a fronte della compresenza di alcuni di essi accanto a quelli più frequenti, come il disturbo ossessivo compulsivo e la restrizione alimentare, può essere sensato indagare la presenza della sindrome. Nei casi più severi, a questo corteo di sintomi tipici della PANS, si possono aggiungere allucinazioni visive e uditive: a volte i bimbi vedono dei mostri o delle entità terrifiche, che possono scatenare fenomeni di panico, soprattutto notturno, con urla e pianto inconsolabile. Inoltre, con l’andare avanti del tempo si aggiunge il calo del rendimento scolastico insieme a un segno molto tipico: la scrittura diventa disgrafica e i disegni si riducono a confusi scarabocchi.
Quali sono le fasi della malattia?
Ci sono forme che si manifestano con un andamento fasico, fatto di picchi sintomatologici acuti che poi si risolvono, per ripresentarsi di nuovo quando il bambino incontra un altro trigger ambientale. Alcuni bambini, però, sviluppano una condizione cronica, con sintomi magari meno acuti ma sempre presenti, che determinano un’importante interferenza funzionale. Perché se è vero che nella definizione di PANS è insito il concetto di acuzie, è altrettanto vero che al primo esordio acuto possono seguire delle fasi di cronicità.
Perché è ancora così difficile formulare una diagnosi?
La diagnosi di PANS è prevalentemente clinica, perché ad oggi non esistono biomarcatori univoci. Infatti, non è semplice trovare dei biomarcatori univoci per una condizione sindromica che può avere diverse eziologie. Per molti anni l’errore è stato quello di concentrarsi esclusivamente sullo Streptococco, cosa che ha alimentato lo scetticismo della comunità scientifica nei confronti di questo costrutto, in quanto non sempre veniva individuato tale batterio o i suoi anticorpi. In realtà i biomarcatori ci sono, ma variano da soggetto a soggetto, perché le cause scatenanti possono essere varie. Quindi è giusto cercare dei biomarcatori di infiammazione o di malattia infettiva, ma bisogna anche accettare l’idea che, essendo le cause molteplici, non sarà sempre possibile trovare una risposta. Come per le encefaliti autoimmuni, anche per la PANS dovremmo comprendere che, dinanzi a un corteo di sintomi inequivocabili, sia possibile fare una diagnosi anche in assenza di biomarcatori specifici. Ciò che conta è la presenza di una costellazione sindromica, ovvero un insieme di sintomi tutti legati tra loro. Insomma, se non ci confrontiamo con questa complessità in termini eziopatogenetici, sintomatici e di trattamento non riusciremo mai a comprendere il concetto di PANS e, soprattutto, non riusciremo a curarla.
In quest’ottica come favorire la tempestività della diagnosi?
La tempestività della diagnosi si ottiene sollecitando tutti i professionisti della salute, a partire dai pediatri di famiglia, che a fronte di una costellazione di sintomi di questo tipo hanno il dovere di sospettare la PANS. Quindi è l’insieme dei sintomi a dover fungere da campanello di allarme, suggerendo un approfondimento diagnostico. Se la diagnosi arriva tardi, c’è il rischio che il sistema nervoso subisca delle modifiche e quindi dei danni strutturali. Perché, se all’inizio il sistema nervoso si modifica solo in modo funzionale, col tempo possono crearsi alterazioni strutturali, che rendono più difficile il recupero e favoriscono la cronicizzazione dei sintomi. Quindi, soprattutto se identificato presto, il disturbo può andare completamente in remissione. Purtroppo, però, esistono soggetti che, anche se trattati, tendono comunque a presentare il disturbo in maniera cronica. Bisogna ammettere che l’evoluzione sfavorevole, oltre che al ritardo diagnostico, potrebbe essere anche legata all’incompletezza delle attuali terapie.
Per concludere, qual è oggi il trattamento più efficace?
In Italia la sindrome viene trattata prevalentemente con gli antibiotici, ma la terapia antibiotica non dovrebbe essere considerata il trattamento principale. L’antibiotico andrebbe cioè utilizzato solo in presenza di un’infezione batterica dimostrata, come si fa negli altri Paesi, dove viene utilizzata una terapia prevalentemente basata su agenti immunomodulanti e antinfiammatori (steroidi, FANS, immunoglobuline e plasmaferesi). È importante, infine, non trascurare l’uso degli psicofarmaci, se necessari, e soprattutto della psicoterapia cognitivo comportamentale, che aiuta i bambini a trovare strategie utili per ridurre l’impatto dei sintomi.
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