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Riportiamo parte di un dossier più ampio pubblicato nel numero di marzo di About Pharma

Le malattie rare sono un argomento recente per la sanità italiana. Furono introdotte, per la prima volta come prioritarie, nel piano sanitario nazionale 1998 -2000, poi il decreto ministeriale 279/01 gettò le basi dell’attuale sistema. È allora che fu approvata la prima lista di patologie esenti: poco meno di 400 sulle circa 8.000 note. A partire dal 2001 le regioni hanno cominciato ad individuare i propri centri di riferimento e a lavorare all’attuazione dei registri delle malattie rare come richiesto dalla legge. Ognuna poi ha intrapreso percorsi autonomi e alcune sono andate decisamente oltre i livelli minimi di servizi previsti dalla legge inaugurando pratiche di eccellenza che vanno essenzialmente in tre direzioni: l’allargamento dello screening neonatale, l’ampliamento del regime delle esenzioni attraverso i LEA regionali e l’attuazione di percorsi assistenziali. Su questo ed altri argomenti connessi alle politiche sanitarie per le malattie rare è stato pubblicato un dossier sul numero di Marzo di About Pharma: la redazione di Osservatorio Malattie Rare vi ha collaborato con questo ed altri articoli. 

Gli screening neonatali
Ad aprire la strada allo screening neonatale allargato è stata la Toscana; la pratica, avviata come progetto pilota nel 2001, e divenuta poi delibera regionale nel 2004 (n.800). Nella regione, dunque, a tutti i nuovi nati, previo consenso dei genitori, vengono effettati dei test vanno a ricercare ben 40 malattie metaboliche rare oltre alle tre - fibrosi cistica, ipotiroidismo e fenilchetonuria –, ricercate obbligatoriamente per legge. Ad eseguire le analisi per tutta la regione è l’Azienda Ospedaliero Universitaria Meyer di Firenze, uno degli ospedali pediatrici più grandi d’Italia, dove i test sul sangue vengono effettuati con la tecnica della spettrometria di massa.
Si tratta di un’eccellenza che la Toscana non ha tenuto per sé ma ha allargato anche alla vicina Umbria grazie ad un protocollo d’intesa firmato nel 2009: da allora anche i neonati umbri hanno le stesse possibilità di scoprire e curare subito malattie che altrimenti potrebbero essere mortali.
Lo screening allargato è una ‘buona pratica’ che trova molti consensi; a seguire questa via sono, infatti, anche la Liguria che, grazie alle capacità dell’Ospedale Pediatrico Gaslini di Genova garantisce lo screening neonatale per oltre 30 malattie, e anche l’Emilia Romagna dove l’Ospedale Sant’Orsola Malpighi di Bologna, ha appena inaugurato un servizio che garantisce lo screening per una trentina di malattie in più oltre a quelle obbligatorie e coinvolge i 36 punti nascita della regione.     

Le esenzioni

Per quanto riguarda invece l’allargamento delle esenzioni ci sono due modelli differenti. Uno è quello della Toscana che, con la delibera 90/09, ha ampliato questo regime ad 87 malattie rare non incluse nell’elenco nazionale inserendole nei Lea regionali.
Si tratta delle stesse patologie già inserite nella lista stilata nel 2008 da uno specifico tavolo tecnico interregionale e che l’allora ministro della Sanità Livia Turco avrebbe dovuto trasformare in decreto, un atto mai avvenuto per la caduta del Governo.
“Questo ampliamento – dice la dottoressa Cecilia Berni della direzione generale Diritti di cittadinanza e coesione sociale della Regione –  era necessario per colmare un ritardo a livello nazionale. Grazie a questa delibera ai residenti è garantita l’esenzione per le prestazioni sanitarie, incluse nei LEA efficaci ed appropriate per l’accertamento, il trattamento o per le indagini genetiche sui familiari, anche per queste 87 patologie”.     
Diverso è l’approccio del Veneto dove si è privilegiato il coordinamento della rete e un modello di esenzioni che parte dalla definizione di piani terapeutici.
“Nel febbraio 2002 – dice la professoressa Paola Facchin, del coordinamento regionale per le malattie rare – il Veneto è stata la prima Regione che ha deliberato sia la rete dei centri di eccellenza accreditati che la piattaforma informatica che realizzava il relativo sistema informativo, un sistema capace di mettere in relazione non solo i centri di riferimento - dove è impensabile che i malati si rechino ogni volta che hanno una necessità - ma anche gli ospedali e le reti territoriali di cure primarie: i distretti, medicina e pediatria di famiglia, riabilitazione, cure palliative, assistenza domiciliare integrata, immissione scolastica e lavorativa protetta”.
Il sistema informativo veneto, che garantisce una sola cartella clinica on line, un sistema di prescrizioni che allerta immediatamente anche le farmacie e il monitoraggio in tempo reale dei malati, è stato ritenuto tanto soddisfacente che il modello è stato adottato da molte altre regioni.

Nel 2004 Veneto, Friuli Venezia Giulia e le Province Autonome di Trento e Bolzano hanno creato insieme l’Area Vasta per le malattie rare, un unico insieme con reti assistenziali di eccellenza, sistema informativo e di monitoraggio e protocolli assistenziali comuni. Al sistema informativo Veneto hanno poi aderito anche Emilia Romagna, Liguria, Campania e, nel 2011, anche la Puglia.
Sempre nel Veneto per rendere omogenee le prassi assistenziali si sono definiti i protocolli terapeutici usando una complessa metodologia che ha coinvolto tutti i centri accreditati e il registro regionale e che si basa sulle evidenze scientifiche di efficacia. Questo approccio ha permesso di rendere disponibili e gratuiti per i malati anche, ad esempio, trattamenti non in commercio in Italia o genericamente a pagamento, purché presenti nei protocolli in base ad evidenze scientifiche di efficacia. La Giunta regionale ha dunque deliberato inserendo questi trattamenti nei Lea regionali, ampliando sì le esenzioni ma con un criterio diverso da quello della Toscana.   

Percorsi assistenziali ed altre eccellenze italiane

Tra le ‘eccellenze’ è difficile non citare quella dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, diretto dal genetista Bruno Dallapiccola, centro di riferimento per oltre 140 malattie rare. L’ospedale romano si appresta  infatti ad attivare il più grande laboratorio di ricerca pediatrica d’Europa sulle malattie rare. La messa in funzione dovrebbe arrivare entro il 2012: ci lavoreranno circa 200 medici e probabilmente qualche ‘grande cervello’ farà appositamente rientro dall’estero. Il grande centro includerà anche un laboratorio specifico per la ricerca sulle cellule staminali e una biobanca. Lo stesso centro si distingue anche per l’organizzazione dell’ambulatorio pediatrico delle malattie rare all’interno del quale sono stati attivati percorsi multidisciplinari specifici per numerose patologie.
Un’eccellenza relativa invece all’attuazione dei registri regionali, un punto ancora piuttosto dolente del sistema, si trova in Sicilia: qui la Regione riesce da anni ad avere la mappatura completa delle emoglobinopatie, in particolar modo delle diverse forme di talassemia, che nell’isola hanno un’incidenza più alta che nel resto d’Italia.
Sarebbero tante altre le esperienze da raccontare; le buone pratiche volute dalle regioni o dai singoli centri stanno aumentando, segno di una sensibilità in crescita. Quello che manca, come molti sottolineano, è che arrivi anche un aggiornamento della legislazione nazionale, utile soprattutto per garantire l’uniformità di diritti e di cure in tutto il territorio nazionale.

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